Sommario:
1) Notiziario (e non piu’ newsletter).

2) La riapertura della Casa degli Italiani ad Asmara.

3) I Grandi Italiani. Leopardi, il Poeta, di Adriano Scianca.

4) Referendum abrogativi 2022: quando anche poter votare all’estero diventa un miracolo all’italiana. E’ possibile andare avanti così? di Simone Sperduto.

5) Intervista ad un italiano emigrato all’estero dal cognome pesante. 

6) Sono francesi i “profiteroles? di Silvana Zacco Pancari.

7) Facciamo il punto sull’acquisizione della cittadinanza italiana di Stefano Calcara.                         

1.  Notiziario e non piu’ newsletter

Abbiamo deciso (e ci dispiace averlo fatto dopo così tanto tempo) di cambiare nome a questo nostro appuntamento mensile con Voi, amiche ed amici di “Identita’ Italiana – Italiani all’estero”: non piu’ “newsletter”, ma semplicemente e italianamente “notiziario”.                                     Dobbiamo cominciare noi per primi a non usare inutili anglicismi nel nostro linguaggio.     Abbiamo la lingua piu’ bella e piu’ ricca del mondo, usiamola, sopratutto quando l’anglicismo viene a sostituire – indebitamente e inutilmente – termini che esistono gia’ nella nostra lingua. Cosa vuol dire infatti newsletter? “Lettera di notizie”, quindi notiziario, ed allora usiamo il termine giusto, corretto e chiaro della nostra lingua, anche se “newsletter” fa sembrare piu’ importanti e sembra dare un’aura di maggiore autorevolezza, un po’ come il “latinorum” usato da Don Abbondio di manzoniana memoria per nascondere la sua vigliaccheria ai suoi sprovveduti parrocchiani.

2.  La riapertura della Casa degli Italiani ad Asmara

La recente riapertura della Casa degli Italiani ad Asmara e’ una delle poche buone notizie che ci capita di leggere di tanto in tanto. Innanzi tutto corre l’obbligo rendere merito agli italiani residenti in Eritrea per aver fortemente voluto questa riapertura, ma contemporaneamente e con piacere, rendiamo altrettanto merito all’Ambasciatore d’Italia, dottor Marco Mancini per l’impegno profuso nell’ottenere questo risultato in un contesto alquanto difficile. E’ una buona notizia perche’ riteniamo possa essere un primo passo verso l’obiettivo piu’ grande che in tanti ci proponiamo la riapertura della Scuola Italiana di Asmara o, per lo meno,  la presenza in Asmara di un centro educativo italiano che, magari in forme diverse dal recente passato, possa affermare la presenza della cultura italiana presso un popolo amico al quale siamo legati da oltre un secolo di storia comune. Da parte nostra daremo il nostro contributo con il” Comitato per per la presenza della Cultura Italiana in Eritrea”* che, per impulso della nostra amica, la Signora Linda Lorenzon (“Maestra Linda”), e’ in via di costituzione.                                                                                                                                                              *Per aderire al Comitato o per ricevere informazioni scrivere a: identit.itestero@libero.it

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 3. I Grandi Italiani. Leopardi, il poeta

C’è qualcosa di peggio della cancellazione della cultura: è la sua banalizzazione. C’è qualcosa di peggio di dimenticare Giacomo Leopardi: è studiarlo come lo abbiamo sempre studiato a scuola. Il giovanotto sfigato e un po’ storto che si strugge invano d’amore per la bella Silvia: la poesia ridotta a fotoromanzo, la grande cultura italiana ridotta a posta del cuore. Dante aveva Beatrice, Petrarca aveva Laura, Leopardi aveva Silvia. Un’identità nazionale affogata nel pettegolezzo, nella pigrizia intellettuale, nella banalità insulsa. Perché poi, alla fine, chi se ne frega se Silvia non ci stava? Sarebbe però un’altra storia – anche da studiare a scuola – se Leopardi venisse invece raccontato come uno dei più grandi geni europei di sempre, non solo poeta ma anche pensatore civile e persino filosofo imprescindibile.

Ha scritto Emanuele Severino ne Il nulla e la poesia che Leopardi «non lo si è mai veramente ascoltato. Schopenhauer, Wagner, Nietzsche sanno di trovarsi di fronte a un genio. […] Se la civiltà occidentale vuol essere coerente alla propria essenza, deve riconoscere che la propria filosofia è la filosofia di Leopardi. L’autentica filosofia dell’Occidente, nella sua essenza e nel suo più rigoroso e potente sviluppo, è la filosofia di Leopardi».

A tentare di strappare Leopardi ai convenzionali omaggi rituali della cultura borghese ci ha provato la cultura marxista, che ne ha se non altro valorizzato la portata filosofica e politica, ma lo ha allo stesso tempo falsificato. Abbiamo così avuto il Leopardi progressivo di Cesare Luporini, vagamente togliattiano, e quello no global di Toni Negri. Eppure, Leopardi appare quanto mai distante da qualsiasi idea di progresso, pur senza essere reazionario né legittimista.

Non c’è alcun vecchio ordine da restaurare, né alcun sol dell’avvenire da attendere messianicamente. E allora cosa resta da fare? Agire eroicamente sulla realtà, quella realtà al cui fondamento è riposto il nulla. Qui Leopardi è quanto mai vicino a Nietzsche. Quello che per il filosofo tedesco è la «morte di Dio», in Leopardi è la «strage delle illusioni». Per Leopardi, come per Nietzsche, non c’è «niente d’assoluto». Le illusioni sono quindi tutte le verità che l’uomo crede di trovare, tutti i presunti punti fermi, tutte le certezze consolatorie di cui, appunto, la realtà si occupa di fare strage. Ma non per questo possono essere derubricate a mere fandonie di cui liberarsi. Le illusioni sono false, sì, ma anche necessarie. Il 30 giugno 1820, in una lettera a Pietro Giordani, Leopardi scrive: «Io non tengo le illusioni per mera vanità, ma per cose in certo modo sostanziali, giacché non sono capricci particolari di questo o quello, ma naturali e ingenite essenzialmente in ciascheduno; e compongono tutta la nostra vita».

Il punto cruciale è allora quello di trovare un modo per far leva sulle illusioni senza «illudersi». È qui che subentra l’elemento «assoluto» della politica. Nella comunità politica le illusioni funzionano in modo virtuoso. L’uomo ne comprende la natura di false verità, ma si rende allo stesso tempo eticamente grande grazie alle passioni che esse suscitano. La patria è quindi l’unica illusione virtuosa, una finzione che eleva l’uomo anziché abbrutirlo. Infatti «senza amor nazionale non si dà virtù grande». Ce lo avessero raccontato così, a scuola, sarebbe stata tutta un’altra cosa.

Adriano Scianca

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4.  Referendum abrogativi 2022:quando ormai anche poter votare all’estero diventa un miracolo all’italiana. E’ davvero possibile andare avanti così?

(Sulle presunte irregolarita’ che si sarebbero verificate nel ricevimento dei plichi contenenti le schede elettorali – plichi non pervenuti o pervenuti con estremo ritardo –  abbiamo condotto una piccola inchiesta tra i nostri lettori, i cui risultati renderemo pubblici a breve. Intanto pubblichiamo questa testimonianza da Madrid dell’amico Simone Sperduto, che non si e’ perso d’animo ed e’ riuscito a votare lo stesso)

Sono Simone Sperduto, un giornalista italiano residente in Spagna dall’aprile 2021: dapprima empadronado in Canaria e poi a Madrid. Dal 25 aprile 2022 ho il certificato di  “empadronamiento” nella Capitale spagnola. Essendo dal 2021 iscritto all’Aire e venendo dalle Canarie, ho quindi provveduto a effettuare il cambio di residenza non soltanto presso le autorità municipali locali ma anche presso le autorità consolari italiane (essendosi nel frattempo le Canarie staccate dalla Circoscrizione consolare di Madrid). Alla fine dello scorso aprile, subito dopo aver ottenuto il certificato di empadronamiento a Madrid, provvedo ad aggiornare la mia posizione anagrafica anche per le autorità consolari. Entro pertanto nel famoso Fast It, il portale dedicato ai servizi consolari online: nel tentativo di effettuare una semplice variazione di residenza, passando da una Circoscrizione consolare a un’altra (pur all’interno dello stesso Paese estero), il sistema mi genera e mi propone il modulo per una nuova iscrizione Aire, che io rifiuto essendo già iscritto Aire. Da quel momento il mio account si blocca, nel senso che mi appare continuamente una schermata di errore: la schermata recita testualmente “per accedere al servizio è necessario risultare residente presso lo schedario consolare”. Naturalmente ero già iscritto presso lo schedario consolare. Fatto sta che questo errore non mi consente di effettuare ulteriori richieste. Tento invano di sbloccare l’account addirittura telefonando direttamente alla Farnesina, nella speranza di poter eventualmente parlare con un tecnico o un informatico che fosse a conoscenza del funzionamento di Fast It. Quindi comincia lo scambio epistolare con Madrid ma anche con Arona (con entrambi i consolati) per poter trovare una soluzione al problema: dopo diversi giorni mi viene consigliato di creare un nuovo account. Onde evitare il ripetersi dello stesso problema con il precedente account, per la variazione di residenza, appena creato il nuovo profilo (con le stesse credenziali) intuitivamente procedo all’unica altra opzione possibile: ossia una richiesta di iscrizione Aire nella nuova Circoscrizione consolare di Madrid – dove sono da poco ufficialmente approdato – quindi come un “primo espatrio” in tale Circoscrizione. Stavolta la procedura va subito a buon fine e pochissimi giorni dopo, esattamente il 9 maggio, l’Ambasciata di Madrid trasmette la mia richiesta al Comune di Roma, indirizzandola ovviamente anche ad Arona e al sottoscritto. Ora, conosco purtroppo bene i tempi mediamente biblici dei Comuni in Italia per procedere alle pratiche Aire che provengono dalla rete diplomatico-consolare. Tuttavia, in vista del referendum 2022 pensavo che – essendo già iscritto all’Aire dal 2021 e sempre in Spagna – tutt’al più il problema fosse capire dove sarebbe arrivato il plico per votare: se al mio vecchio indirizzo in Canaria o magari all’attuale indirizzo di Madrid, essendo le autorità italiane in Spagna a conoscenza del mio nuovo domicilio. Mai avrei comunque immaginato che il plico non arrivasse proprio. Non vedendo pervenire il plico a casa, il 7 giugno mi reco in Consolato a Madrid e qui scopro del tutto casualmente che per l’Italia risultavo “rimpatriato”. Non fosse quindi stato per la casualità di un imminente referendum, probabilmente sarei entrato nei mesi a seguire nel guinness dei primati come l’unica persona al mondo considerata “rimpatriata” a sua insaputa, salvo possedere il dono dell’ubiquità riuscendo ad apparire in Spagna pur essendo rimpatriato in Italia. Una situazione kafkiana che mi è stata risolta in meno di 24 ore dai funzionari della Cancelleria consolare di Madrid, che tengo a ringraziare per aver inviato in tempi record la richiesta di nullaosta ai servizi elettorali del Comune di Roma. Inutile dire che, soltanto a quel punto, il Comune di Roma ha proceduto alla variazione anagrafica Aire che gli era stata inoltrata dall’Ambasciata di Madrid il 9 maggio scorso. Insomma, arrivato il nullaosta, l’8 giugno mi sono potuto recare al Consolato di Madrid e lì ho esercitato il mio diritto di voto ai referendum abrogativi del 12 giugno 2022. Stante i doverosi ringraziamenti al Consolato di Madrid che è stato davvero lodevole nelle tempistiche, permettendomi in extremis di votare, questa vicenda deve però porre sotto la lente di ingrandimento quei problemi strutturali che vanno avanti da tempo: dalle questioni riguardanti il funzionamento del portale Fast It che, come nel mio caso può generare schermate di errore o vedere un account bloccarsi per un banale cambio di residenza, fino al fatto incredibile che della stessa persona all’estero debbano occuparsi tre anagrafi distinte (registro consolare e anagrafe comunale, più il Ministero dell’Interno per le questioni elettorali) e che queste non riescano ad allinearsi contemporaneamente in tempi celeri. Non può essere che, per un cittadino Aire, anche il semplice riuscire a votare debba diventare un miracolo all’italiana e ci si debba sempre affidare alla sorte o alla particolare bravura di funzionari consolari che, in poche ore, ti risolvono in extremis un problema. Poi è inutile fare ore ed ore di audizioni nelle Commissioni parlamentari per discutere di filosofia del voto estero e di riforme in astratto quando, all’atto pratico, diventa un problema anche far pervenire un plico in Spagna, a due ore e mezza di aereo da Roma.  

Simone Sperduto  

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5. Intervista ad un emigrato all’estero dal cognome pesante

Il nostro Presidente Aldo Rovito ha di recente intervistato per il quotidiano online Alessandria 24 un italiano emigrato all’estero dal cognome pesante: Caio Mussolini, pronipote di Benito Mussolini, nato in Argentina nel 1968, studi liceali in Venezuela, rientrato in Italia per frequentare l’Accademia Navale di Livorno, ufficiale della Marina Militare in congedo, due lauree (una in Scienze Politiche sulla presenza degli italiani in Argentina nei secoli XIX e XX), attualmente dirigente di un’azienda italiana ad Abu Dabi.

Riportiamo uno stralcio dell’intervista in cui si parla dell’emigrazione italiana contemporanea.     (Il testo integrale dell’intervista si puo’ leggere  al seguente link:              www.alessandria24.com/2022/05/30/dal-sudamerica-agli-emirati-arabi-vecchia-e-nuova-emigrazione-nellintervista-a-un-italiano-allestero-dal-cognome-pesante/)

A.R. L’emigrazione italiana di oggi è molto diversa da quella che storicamente si è svolta fino agli anni ’40-’50 del ‘900, quando i nostri emigranti si imbarcavano a Genova o a Napoli con la valigia di cartone o partivano per uno dei tanti viaggi della speranza verso il Nord Europa, mentre oggi, a quanto ci racconta l’ultimo Rapporto sugli Italiani nel Mondo della Fondazione Migrantes, chi va all’estero è un emigrante giovane, laureato o, almeno, diplomato, con una percentuale femminile che si avvicina sempre più a quella maschile. Questo nuovo tipo di emigrazione pone problemi nuovi che, forse, il sistema Italia non è ancora in grado di affrontare. Cosa ne pensi?

C.M. L’emigrazione di questi ultimi 10/15 anni pone problemi molto gravi. Ci sono due emigrazioni: quella dei ragazzi del sud italia verso il nord, e quella generale dei giovani verso l’estero. E’ un paradosso, poiché li prepariamo, li facciamo studiare quasi gratis, li facciamo laureare e poi per le condizioni indecenti del mercato del lavoro in Italia, li facciamo espatriare. Così altri paesi li ricevono a braccia aperte e valorizzano le loro competenze. Facendo crescere il loro PIL. Ovviamente ad emigrare sono i ragazzi più preparati, che parlano le lingue, che non hanno paura di mettersi in gioco e accettano la sfida; mentre rimangono quelli che non hanno la stessa capacità o preparazione. Nel frattempo facciamo entrare migliaia di illegali non scolarizzati… Siamo un paese al rovescio! L’immigrazione va gestita, non subita.

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6. Sono francesi i “Profiteroles”?

Tutto ha avuto inizio da una frase letta su Facebook: “Non si capisce come abbia fatto Eva a rovinare tutto per una mela! Fossero stati bignole o profiteroles, almeno….”

A questo punto non potevo non chiedermi quale fosse stato il luogo di nascita di entrambe le suddette prelibatezze. Perche’ le bignole si chiamano anche bigne’ ci si aspetterebbe una origine francese.

Invece no! Bigne’ e profiteroles hanno iniziato la loro vita in Toscana. Per il “dove” la mia curiosita’ era stata soddisfatta, ma il “quando” ed il “chi”?

Dunque… In pieno Rinascimento a Firenze troviamo un cuoco, un certo Penterelli, al servizio di Caterina de’ Medici, nipote di Lorenzo il Magnifico, nata nel 1519. Questo Penterelli aveva creato un impasto speciale cui aveva dato una forma speciale tondeggiante a mo’ di palline al cui interno si potevano introdurre, a piacere, ingredienti dolci, tipo creme, oppure salati, come pezzi di formaggio.

Nel momento di trasferirsi alla Corte di Francia dove avrebbe sposato Enrico di Valois, futuro Enrico II, Re di Francia, la nostra Caterina porto’ con se’ il Penterelli e con lui le sue prelibate ricette, comprendenti oltre ai bigne’ le crespelle, la pasta ed il piu’ famoso “Pane bianco” o “Pan de la Reine”. Lì altri cuochi coadiuvavano  il cuoco fiorentino, tra di essi il famoso Popelini. La pasta base dei bigne’ in Firenze veniva chiamata “bongo”, mentre e’ solo all’inizio dell’800 che troviamo usato il termine “choux” che deriva dalla forma di piccoli cavoli, choux in lingua francese. Lì, alla Corte di Francia il bigne’ venne farcito di crema Chantilly e ricoperto di cioccolato fondente, assumendo il nome di profiterol, dolce dall’aspetto e dal gusto quanto mai sontuoso.

Quindi e’ grazie ai cuochi italiani Penterelli e Popelini ed a Caterina de’ Medici che noi oggi possiamo gustare bignole singole o “assemblate”, cioe’ i profiteroles.

Silvana Zacco Pancari

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7. Facciamo il punto sull’acquisizione della cittadinanza italiana.

Con frequenza ritorna il tema della cittadinanza italiana, croce e delizia di decine e decine di migliaia di persone qui in Brasile, tante sono le domande di cittadinanza in standby solo in Brasile.

Sarebbe bene rammentare come avviene l’acquisizione della cittadinanza italiana secondo la legge vigente.  Si acquista la cittadinanza italiana per tre modi: jure sanguinis, jure coniuctionis e jure electionis.  Per spiegarla in termini brevi la cittadinanza italiana si acquisisce per discendenza (per sangue) da uno dei genitori o degli ascendenti diretti; per matrimonio, dopo un certo periodo di matrimonio con un/a cittadino/a italiano/a; infine per scelta, laddove lo straniero residente in Italia da 10 anni ininterrotti  ne faccia richiesta.

Alle comunitá di discendenti italiani qui in Brasile, interessano le prime due forme: riconoscimento per discendenza e acquisto per matrimonio con cittadino italiano. Quest’ ultima in molti casi viene come estensione della prima. Uno dei due coniugi ottiene la cittadinanza italiana jure sanguinis e la trasmette all´altro coniuge.

La terza modalitá di acquisizione, jure electionis, non interessa ai nostri lettori.

Andrebbe detto che questa é la legge attuale e sarebbe bene la si applichi. Non andare a cercare quella che alcuni vorrebbero fosse la legge facendo voli di fantasia, ma ripeto sarebbe bene venisse rispettata la legge vigente. 

Mi riferisco a chi si mette in campagna elettorale fin da adesso proponendo  stranezze ai lettori. Ai cittadini italiani o ai brasiliani di origine italiana che vogliano il riscatto della cittadinanza italiana in onore ai propri avi che dovettero lasciare l´Italia ma che mai la persero dal loro cuore.

A nessun italo brasiliano interessa sapere che esiste la proposta di concedere la cittadinanza italiana agli stranieri  per “jus soli” o, con una formula inventata dalla sinistra italiana sempre piú povera di voti italiani in cerca di voti stranieri, il cosidetto “jus culturae”.

Lo “jus soli” é la modalitá di acquisto della cittadinanza presente in tutti i paesi del continente americano, dal Canada fino all´Argentina e quindi anche in Brasile. Paesi che dalla fine del secolo XIX ebbero assoluto bisogno di popolare i loro territori e necessitá di manodopera per il loro sviluppo. Senza la promessa di dargli una cittadinanza, una certezza di una nuova vita non avrebbero ricevuto tanti emigranti italiani per fare grandi i loro paesi. Gli immigrati, e quindi i milioni di italiani che arrivarono, trovarono spazi immensi: spazi sociali e spazi fisici. Non pestavano i piedi a nessuno, non toglievano il lavoro a nessuno. Anzi facevano lavori che a mano a mano sorgevano con il crescente sviluppo dei paesi di accoglienza, lavori  per i quali non esistevano lavoratori. Non occupavano spazi fisici nel senso che non toglievano il posto ai residenti dei paesi di immigrazione per il semplice fatto che gli spazi geografici  erano sterminati.  Vale le pena menzionare le tantissime cittá nate dal nulla in Brasile e in Argentina, create dagli immigrati italiani: Cipolletti, Garibaldi, Mendoza, Caxias do Sul  etc.

Non ricevevano pocket money, non schede telefoniche per parlare a casa loro, non alloggio e vitto a spese del paese ospitante. Non erano bighelloni. Non cadiamo nel tranello di chi canta che gli italiani di ieri sono i clandestini di oggi. Quelli che entrano a centinaia ogni giorno in Italia senza alcuna prospettiva, senza che nessuno li abbia chiamati, senza una politica di immigrazione che stabilisca quanti possano entrare e cosa possano fare.

La situazione della cittadinanza italiana qui in Brasile é al rosso vivo. Si ha la percezione che l´Italia faccia di tutto per rendere le cose difficili, quasi impossibili. L´atteggiamento della rete consolare non facilita, anzi sembra un muro di gomma. Strano come in Argentina i processi di acquisizione della cittadinanza italiana siano avanzati negli ultimi tre anni con ritmo quasi doppio rispetto al Brasile. Prova ne é la (s)proporzione dei consiglieri CGIE: 4 al Brasile e 7 all´Argentina.  A ció si aggiunge un atteggiamento strano o quanto meno discutibile della rete consolare che ritiene il processo di cittadinanza come un servizio  non reso ai cittadini italiani.  In effetti a stretto rigor di logica chi chiede ill riconoscimento della cittadinanza italiana non é (ancora) cittadino italiano. Lo é peró il suo ascendente. Ma la rete consolare se ne lava le mani. La stessa rete dovrebbe peró spiegare come l´emissione di passaporti italiani, che é chiaramente un servizio reso al cittadino italiano, sia spaventosamente lenta con tempi di attesa lunghi mesi. Alla data di oggi, qui al Consolato di Porto Alegre danno appuntamento al 12 Dicembre del 2023!!!!!!

La cittadinanza italiana é per discendenza, é un patrimonio immateriale di valori, ideali e storia che si tramanda dai padri ai figli, é cosí da anni. Dai funzionari imperiali romani che inviati nelle provincie dell’ impero avevano la certezza di trasmettere per sangue la cittadinanza ai propri figli  ed anche di far avere la cittadinanza alle proprie mogli. E deve continuare cosí. La legge esiste, va applicata. E non ostacolata con false e fuorvianti proposte. La Camera dei Deputati ne ha appena bloccata una.

Stefano Calcara

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